Attualmente in Italia la dealcolizzazione parziale o totale dei vini è consentita solo per vini senza denominazione o indicazione geografica, mentre è vietata per i vini a Denominazione di Origine Protetta (DOP) e Indicazione Geografica Tipica (IGT). Questo divieto è motivato dalla volontà di tutelare l’autenticità, la qualità e le caratteristiche organolettiche tradizionali dei vini a denominazione, preservando così la loro identità territoriale e il valore storico e culturale del settore vitivinicolo italiano.
Tuttavia, il tema è oggetto di dibattito e discussione. Diverse associazioni di settore auspicano una maggiore flessibilità normativa, chiedendo di estendere la possibilità di dealcolizzazione almeno ai vini IGT, per valorizzare il potenziale di questa pratica e rispondere a nuove esigenze di mercato e consumatori sempre più attenti alla salute e al benessere. A livello europeo, il regolamento consente la dealcolizzazione anche per vini a denominazione, purché venga indicata in etichetta la pratica utilizzata, segnalando quindi una possibile apertura futura anche per l’Italia.
Inoltre, la recente modifica al decreto italiano ha semplificato la produzione di vini dealcolati, permettendo che la dealcolizzazione avvenga negli stessi stabilimenti di vinificazione, purché in locali separati e con rigorosi controlli fiscali e di tracciabilità, facilitando così l’adozione di questa tecnologia da parte delle aziende.
In Italia, il nuovo decreto ministeriale (2024) ha allineato la normativa nazionale a quella europea, consentendo la dealcolizzazione parziale o totale dei vini, ma con alcune limitazioni: la dealcolizzazione per vini DOP e IGT è ammessa solo se prevista dai singoli disciplinari di produzione, che dovrebbero quindi disciplinare anche il limite minimo di gradazione alcolica. Attualmente, il limite minimo nazionale per i vini dealcolati è fissato a 6% vol per alcune categorie, ma per i vini a denominazione la soglia minima prevista dal regolamento UE è di 4,5% vol.
In Francia, ad esempio, è stata recentemente approvata la possibilità di dealcolizzare i vini IGP fino a un limite minimo di 6 gradi alcolici, con l’obbligo che tale pratica sia inserita nel disciplinare e dopo una fase di sperimentazione per garantirne la qualità. Questo modello lascia quindi la discrezionalità ai disciplinari territoriali di stabilire il limite, consentendo una certa flessibilità e adattamento alle specificità locali.
Alla luce di ciò, una regolamentazione nazionale che stabilisca un limite minimo uniforme (ad esempio 6% vol) per i vini parzialmente dealcolizzati a IGT, DOC e DOCG potrebbe garantire coerenza e tutela della qualità su tutto il territorio italiano, evitando disparità e confusione nel mercato. Tuttavia, lasciare la definizione del limite alla discrezionalità dei singoli disciplinari potrebbe favorire l’innovazione e la valorizzazione delle peculiarità territoriali, adattando la normativa alle diverse realtà produttive e climatiche.
La scelta tra un limite minimo nazionale o la discrezionalità dei disciplinari dipende dall’equilibrio che si vuole raggiungere tra tutela dell’identità e tradizione del vino italiano e flessibilità per rispondere alle sfide del cambiamento climatico e alle nuove esigenze di mercato. L’esperienza francese suggerisce che una regolamentazione delegata ai disciplinari, con adeguate fasi di sperimentazione e controllo di qualità, può essere una soluzione efficace e pragmatica.
Gli attori chiave che in Italia potrebbero orientare il dibattito sulla dealcolizzazione parziale dei vini a IGT, DOC e DOCG.
- Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (MASAF): È l’ente regolatore che ha recentemente emanato il decreto sui vini dealcolati, definendo le regole di produzione, detenzione e commercializzazione. Il suo ruolo è centrale nel recepire le normative europee e nel bilanciare tutela della tradizione e innovazione.
- Produttori vitivinicoli e aziende agricole e relativi consorzi di tutela: Sono direttamente interessati dall’introduzione della dealcolizzazione e possono influenzare il dibattito con le loro esigenze produttive e commerciali, soprattutto in relazione alla competitività internazionale e alle nuove richieste di mercato per vini a basso contenuto alcolico.
- Agenzia delle Dogane e dei Monopoli: Coinvolta nel controllo fiscale e nella gestione delle licenze per la dealcolizzazione, soprattutto perché il decreto prevede che la dealcolizzazione avvenga presso stabilimenti con licenza di deposito fiscale, spesso distillerie, condizionando così la filiera produttiva e logistica.
- Organismi di controllo e certificazione (es. ICQRF): Hanno un ruolo tecnico e di vigilanza per garantire la corretta applicazione delle norme, la tracciabilità e la qualità del prodotto, assicurando che la dealcolizzazione non comprometta le caratteristiche organolettiche e la trasparenza verso il consumatore.
Principali rischi/problematiche per i Consorzi di tutela
- Perdita di identità e valore delle denominazioni. La dealcolizzazione parziale potrebbe alterare le caratteristiche organolettiche tradizionali dei vini a IGT, DOC e DOCG, mettendo a rischio la percezione di qualità e autenticità che i Consorzi di Tutela cercano di garantire.
- Rischio di frammentazione normativa. Se la dealcolizzazione venisse regolata a livello di singoli disciplinari senza un quadro nazionale chiaro, si potrebbero creare disparità tra territori e confusione per i consumatori, indebolendo il ruolo dei Consorzi.
- Concorrenza sleale e declassamento. L’introduzione di vini dealcolizzati nelle denominazioni potrebbe favorire pratiche di declassamento o produrre una nuova categoria di vini meno pregiati, come già avviene con la crescita degli IGT e vini da tavola, minando il prestigio delle DOC e DOCG.
Principali opportunità/benefici per i Consorzi di tutela
- Risposta alle nuove tendenze di mercato. La dealcolizzazione parziale può aprire nuove opportunità commerciali per i produttori, rispondendo alla crescente domanda di vini a basso contenuto alcolico o “low alcohol”, ampliando così il mercato e la base di consumatori.
- Innovazione e competitività internazionale. Consentire la dealcolizzazione anche per i vini a denominazione potrebbe evitare che l’Italia resti indietro rispetto ai principali competitor europei (Spagna, Germania), che già utilizzano questa pratica, tutelando la posizione competitiva dei vini italiani.
- Possibilità di valorizzare disciplinari e territori. Se gestita con rigore, la dealcolizzazione potrebbe essere inserita nei disciplinari come pratica controllata, valorizzando territori e produzioni che vogliono sperimentare questa tecnica senza compromettere la qualità complessiva.
- Miglior controllo e trasparenza. L’obbligo di indicare in etichetta la dealcolizzazione e la gradazione alcolica minima può aumentare la trasparenza verso il consumatore, rafforzando la fiducia nel prodotto e nei Consorzi che ne garantiscono la qualità.
Principali rischi/problematiche per i produttori
- Perdita di qualità e complessità organolettica. La dealcolizzazione può alterare il profilo aromatico e la struttura del vino, rendendolo meno complesso e meno corposo, con un sapore più blando rispetto ai vini tradizionali, il che può non soddisfare i consumatori abituali.
- Costi e complessità tecniche. Il processo di dealcolizzazione richiede tecnologie avanzate e costose, e se non eseguito correttamente può compromettere la qualità del prodotto finale.
- Incertezza normativa e di mercato. La normativa italiana è in evoluzione e attualmente vieta la dealcolizzazione per i vini DOC, DOCG e IGT, salvo modifiche future nei disciplinari. Questa incertezza può frenare gli investimenti e la pianificazione produttiva.
- Rischio di confusione e frodi. La mancanza di regolamentazioni chiare sull’etichettatura e sulla provenienza può generare confusione nei consumatori e aprire la strada a pratiche commerciali scorrette, come la vendita di prodotti dealcolati di bassa qualità spacciati per vini pregiati.
- Dilemma economico. Per i vini totalmente dealcolati, alcuni produttori si chiedono se valga la pena investire nella coltivazione e vinificazione se poi si toglie completamente l’alcol, trasformando il prodotto in una bevanda molto diversa dal vino tradizionale.
Principali opportunità/benefici per i produttori
- Risposta a una domanda in crescita. Il mercato globale mostra un interesse crescente verso bevande a basso o nullo contenuto alcolico, soprattutto in Nord Europa, Stati Uniti e Asia, offrendo nuove opportunità di vendita e diversificazione.
- Gestione delle eccedenze produttive. La dealcolizzazione può rappresentare una soluzione per assorbire le giacenze di vino, evitando sprechi e garantendo reddito ai produttori, specialmente nelle aree con sovrapproduzione.
- Competitività internazionale. Consentire la dealcolizzazione anche per vini a denominazione può evitare che i produttori italiani perdano quote di mercato a favore di concorrenti europei (Francia, Spagna, Germania) già attivi in questo settore.
- Innovazione e ampliamento dell’offerta. I produttori possono sperimentare nuovi prodotti e segmenti di mercato, rispondendo a consumatori più attenti alla salute e al benessere senza rinunciare completamente alla tradizione vitivinicola.
- Possibilità di mantenere la qualità. Se la dealcolizzazione è parziale e ben regolamentata nei disciplinari, i produttori possono mantenere un buon equilibrio tra riduzione dell’alcol e preservazione delle caratteristiche organolettiche del vino.
Rischi e problematiche per i consumatori
- Alterazione del gusto e perdita di complessità. La rimozione parziale o totale dell’alcol modifica il profilo aromatico e la struttura del vino, rendendolo spesso meno intenso, meno corposo e con un sapore più blando rispetto ai vini tradizionali. Questo può deludere i consumatori abituati a vini più strutturati e complessi, soprattutto per le denominazioni IGT, DOC e DOCG.
- Esperienza sensoriale meno autentica. L’alcol è un elemento fondamentale che contribuisce all’equilibrio gustativo del vino; la sua riduzione può aumentare la percezione di acidità e astringenza, alterando l’armonia complessiva della bevanda.
- Rischio di confusione e inganno. La mancanza di regolamentazioni chiare e uniformi sull’etichettatura può generare confusione nei consumatori, che potrebbero non essere pienamente consapevoli del processo di dealcolizzazione e delle sue implicazioni sul prodotto. Inoltre, c’è il rischio che vini di bassa qualità vengano venduti come prodotti pregiati una volta dealcolati.
- Preoccupazioni sulla sicurezza microbiologica. La riduzione dell’alcol, che ha un effetto conservante naturale, può aumentare il rischio di contaminazioni microbiche, portando potenzialmente all’uso di conservanti aggiuntivi, cosa che può allarmare alcuni consumatori attenti alla naturalità del prodotto.
- Dilemma sul valore del prodotto. Per i vini totalmente dealcolati, il prodotto finale si avvicina a una bevanda composta principalmente da acqua e aromi, sollevando dubbi sulla reale convenienza e autenticità, e sul valore percepito dal consumatore.
Opportunità e benefici per i consumatori
- Alternativa salutare e a basso contenuto alcolico. I vini parzialmente o totalmente dealcolizzati rispondono alla crescente domanda di bevande con minore contenuto alcolico, ideali per chi deve o vuole limitare l’assunzione di alcol per motivi di salute, religiosi, dietetici o personali.
- Possibilità di godere del gusto del vino senza effetti negativi dell’alcol. Questi vini permettono di apprezzare le caratteristiche dell’uva e del vino senza gli effetti collaterali dell’alcol, come la sonnolenza o l’intossicazione, favorendo un consumo più responsabile e sociale.
- Alternativa alle bevande gassate e analcoliche tradizionali. I vini dealcolizzati possono rappresentare un’opzione più raffinata e meno dannosa rispetto a bevande analcoliche zuccherate o gassate, offrendo un’esperienza di consumo più vicina al vino vero.
- Maggiore trasparenza grazie all’etichettatura. La normativa europea e italiana prevede che i vini dealcolizzati riportino chiaramente in etichetta la dicitura “vino dealcolizzato” o “parzialmente dealcolizzato” e la gradazione alcolica, aiutando i consumatori a fare scelte consapevoli.
Rischi/problematiche per il sistema della distribuzione
- Gestione della segmentazione del prodotto. La distribuzione dovrà gestire una nuova categoria di vini con caratteristiche diverse, che richiede formazione specifica per il personale e una comunicazione chiara verso i consumatori per evitare confusione tra vini tradizionali e dealcolizzati.
- Complessità logistica e di stoccaggio. La normativa italiana può complicare la filiera e la logistica, aumentando i costi e le difficoltà di approvvigionamento per i distributori.
- Rischio di frammentazione normativa. Se i disciplinari territoriali non saranno uniformi, la distribuzione potrebbe trovarsi a dover gestire prodotti con regole diverse a seconda della provenienza, complicando la gestione commerciale e la compliance normativa.
- Difficoltà nel posizionamento commerciale. La distribuzione dovrà affrontare la sfida di collocare questi vini in modo adeguato sul mercato, trovando il giusto equilibrio tra prezzo, comunicazione e target di consumatori, evitando che i vini dealcolizzati vengano percepiti come prodotti di qualità inferiore.
Opportunità/Benefici
- Ampliamento dell’offerta e segmentazione di mercato. La distribuzione potrà proporre una gamma più ampia di prodotti, rispondendo alla crescente domanda di vini a basso contenuto alcolico o senza alcol, intercettando nuovi segmenti di consumatori attenti alla salute e al benessere.
- Competitività e innovazione. Potrà posizionarsi come canale innovativo, anticipando trend di consumo emergenti e rafforzando il legame con produttori che investono in tecnologie di dealcolizzazione, migliorando la propria immagine e attrattività.
- Semplificazione normativa recente. Il decreto ministeriale del 2024 ha introdotto semplificazioni, come la possibilità di effettuare la dealcolizzazione negli stessi stabilimenti di vinificazione (ma in locali separati), facilitando la gestione logistica e riducendo i costi per la distribuzione.
- Espansione sui mercati esteri. La distribuzione italiana potrà sfruttare la crescente domanda internazionale di vini dealcolizzati, specialmente in Paesi con alta sensibilità al contenuto alcolico, rafforzando l’export e la presenza sui mercati globali.